Non tutti gli abusi psicologici degenerano in violenza fisica, ma sicuramente laddove c’è violenza fisica a monte c’è stata quella psicologica all’interno di dinamiche di dipendenza affettiva.
Vediamo in cosa consiste.
Dalla dipendenza…
Nella società odierna, ricca di rapporti instabili, questo bisogno può venir meno o trasformarsi in una “ossessione”, dando vita ad un rapporto affettivo disfunzionale, ossia ad un “legame che stringe”, in cui è alterato l’equilibrio tra il dare ed il ricevere.
Questa tipologia di relazione, in cui i partner hanno due differenti “posizioni” (uno dà puntualizzazioni, comandi e critiche; l’altro obbedisce e chiede), può dar vita ad una vera e propria dipendenza affettiva (Campigotto, 2018).
…alla violenza
Il rapporto con l’altro diventa l’unico interesse, si riduce la propria indipendenza a favore di una totale dedizione al partner, con la forte paura di perderlo.
Di conseguenza, la persona può esercitare, nella relazione amorosa, potere e controllo, con episodi di forte gelosia, che possono sfociare in violenze.
Quando il comportamento violento si verifica tra partner legati da una relazione intima, si parla di violenza domestica.
Il partner intimo è colui con il quale si ha una stretta relazione personale, caratterizzata da connessione emotiva, contatto fisico, rapporto sessuale e/o identificazione come coppia (Baldry, 2013).
Dunque, non è necessario che la violenza venga perpetrata all’interno delle mura domestiche, può verificarsi anche tra persone non conviventi, legate da una relazione specifica (Russo e Sturiale, 2016).
Le principali forme di violenza
Stalking: rappresenta una modalità per limitare o controllare la libertà della vittima, soprattutto quando tenta un allontanamento dal violento.
Si tratta, in realtà, di un insieme di comportamenti (telefonate, e-mail, pedinamenti, invio di doni, minacce, aggressioni, ecc.) ripetitivi, indesiderati e distruttivi nella vita privata di un individuo, con gravi conseguenze fisiche e psicologiche.
Fisica: qualsiasi danno fisico causato dall’utilizzo della forza o della minaccia della stessa e produce ferite corporali esteriori visibili (tagli, abrasioni, ferite, ecc.) o non visibili (spinte, strattoni, ecc.).
Può manifestarsi anche indirettamente, ossia quando il gesto violento viene annunciato e non realizzato, determinando ugualmente un effetto realmente distruttivo sulla persona attaccata.
Psicologica: spesso, è la prima forma a manifestarsi, rappresentando un terreno fertile per lo sviluppo delle altre tipologie di violenza.
Comprende una serie di atteggiamenti e comportamenti intimidatori (aggressioni verbali, minacce, intimidazioni, umiliazioni pubbliche o private, ricatti, controllo delle scelte personali e delle relazioni sociali), con l’obiettivo di esercitare un pieno controllo sul partner ed allontanarlo da altri soggetti significativi, così isolandolo del tutto, o quasi, dal contesto sociale.
Sessuale: l’imposizione di pratiche sessuali non desiderate, ossia qualsiasi atto sessuale o tentativo di atto sessuale (compresi i commenti e le avances sessuali non desiderate, posto in essere senza il consenso dell’altro, tramite la forza o la minaccia.
Economica: consiste nell’uso improprio di beni o di denaro che appartengono all’altro soggetto della relazione. In questo caso, il violento esercita qualsiasi forma di controllo o privazione (dello stipendio, delle spese quotidiane, ecc.), per impedire alla vittima di accedere a risorse economiche e quindi di essere economicamente indipendente.
Assistita: si fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui un minore assiste, in modo diretto o indiretto, a tutti gli atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, compiuti sulle sue figure di riferimento o su altri significativi, adulti o minori.
Queste forme di violenza possono essere messe in atto anche in seguito alla rottura di una relazione, proprio con il fine di recuperarla e di continuare a mantenere controllo e potere sull’altro.
In questi casi, si parla di legame traumatico, ossia di un forte legame emotivo in cui uno dei due, in modo intermittente, attacca, minaccia, molesta, abusa o intimidisce il partner, con l’obiettivo di esercitare potere e controllo, e l’altro non può fare a meno della relazione simbiotica venutasi a creare.
A prescindere dalla tipologia, la violenza si fa sempre più costante e ripetitiva, e può alternare momenti d’affetto a momenti di prevaricazione, generando confusione nella vittima e riducendo le sue capacità di comprensione del meccanismo disfunzionale, a tal punto da rimanere nella relazione maltrattante anche per diverso tempo.
Ciclo della violenza
È importante sottolineare che, qualunque veste assuma, la violenza domestica non è rappresentata da episodi sporadici ed isolati, ma da fatti costanti e ripetitivi.
E, nonostante il momento di inizio e la tipologia possano variare, qualsiasi forma di violenza si manifesta ciclicamente.
Il ciclo della violenza è costituito da quattro fasi: la crescita della tensione, l’esplosione della violenza (o escalation), la falsa riappacificazione o “luna di miele” e lo scarico della responsabilità.
1. Crescita della tensione
Nel corso della prima fase, il maltrattante, a prescindere dal sesso, utilizza diverse tecniche e strumenti per controllare l’altro.
Anche la comunicazione si fa sempre più intimidatoria, aumentano coercizione, minacce e forme di ricatto.
L’obiettivo principale è di colpire la vittima a livello sociale, familiare, lavorativo e personale.
Si cerca continuamente di contenere e limitare gli spazi di movimento e di relazione del partner, impedendogli di coltivare interessi personali, relazioni e qualsiasi altra attività.
Spesso l’isolamento può colpire anche il lavoro, escludendo la vittima anche da quel contesto e causando una maggiore dipendenza sul piano economico e psicologico.
La consapevolezza del proprio valore e la fiducia nelle proprie capacità diminuiscono, rendendo la vittima più insicura e maggiormente controllabile.
In questa fase, la violenza può nascere da qualsiasi banalità, per questo la vittima cerca di compiacere il partner e di soffocare le sue paure e necessità.
2. Escalation
Inizia nel momento in cui si verifica l’episodio violento.
I primi episodi possono essere spintoni, braccia torte, per poi arrivare a schiaffi, pugni, calci e uso di oggetti contundenti o armi.
Oltre alle lesioni fisiche, la vittima può sperimentare senso di impotenza, perdita di controllo e paura di morire.
3. Riappacificazione o luna di miele
La persona, infatti, si scusa e promette di non essere più violenta, spesso anche acconsentendo a frequentare un programma o una terapia, pur di recuperare la relazione.
Questa fase è caratterizzata da una apparente tranquillità, che crea un grave disorientamento nella vittima e la fa ricredere sulla possibilità di continuare la relazione con l’abusante, inteso come soggetto che manifesta un bisogno di aiuto o una richiesta di attenzione.
Con il passare del tempo, questo stadio si riduce sempre di più e aumentano dipendenza e soggezione di fronte alle prepotenze del violento.
Tali intimidazioni producono uno stato di inadeguatezza nella vittima, che ricerca modalità di convivenza e di gestione della violenza.
4. Scarico di responsabilità
L’ultima fase è caratterizzata dalla ricerca delle cause che hanno prodotto la violenza.
Spesso, la persona violenta tende ad attribuire la colpa a cause esterne, quali il lavoro stressante, la situazione economica difficile e, soprattutto, al partner, che avrebbe provocato o fatto qualcosa che giustifica l’aggressione.
Questa continua alternanza tra momenti d’affetto e momenti di violenza rallenta la capacità di comprendere il meccanismo disfunzionale, spesso portando la vittima a rimanere nella relazione maltrattante anche per lungo tempo.
Cosa fare?
La società propone aiuti concreti sia agli autori sia alle vittime.
Nel primo caso, per gli autori delle violenze, esistono specifici programmi di intervento, volti a rendere la persona, che esercita controllo e potere sull’altro, più consapevole delle sue azioni e ad assumersi le responsabilità dei propri comportamenti.
Per le vittime, è possibile rivolgersi ai centri antiviolenza, chiamando il numero 1522, e accedendo a questi luoghi protetti in cui trovare rispetto, ascolto, attenzione e sostegno legale e psicologico; se necessario, inoltre, viene disposto l’ingresso nella casa rifugio, con l’obiettivo di proteggere e salvaguardare l’incolumità fisica e psichica della persona coinvolta nella violenza.